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In molti si sono cimentati con la definizione di “poesia”. In molti, più o meno famosi. A Ferlinghetti ho già accennato. Oggi tocca a un’amica. Si chiama Lucianna Argentino. Lascio a lei la parola…

“Che cos’è la poesia? Infinite sono (e saranno) le definizioni di poesia, perché essa  sfugge alle definizioni il cui significato è limitare, circoscrivere. E come si può limitare ciò che per la sua stessa essenza è illimitato?

Per me la poesia ha assunto dei significati diversi nei vari momenti della mia vita. Ho cominciato a scriverne durante l’adolescenza e allora poesia era il tentativo di placare l’inquietudine per ciò che stava accadendo al mio corpo, era un darmi  una dimora in cui placare il senso di spaesamento che a quell’età si prova, un luogo in cui ritrovare l’unità del mio essere frammentato dalle tante emozioni che mi si affastellavano dentro, in cui dare un nome proprio alle tante me e ritrovare il mio volto originario. Allora non sapevo nulla di Heidegger e del sue pensare la poesia come un “abitare presso l’origine”, un restare presso di sé. una “venuta del sacro”, “l’edificazione di una patria intesa come riappropriazione dell’origine pura, nella cui incontaminata fedeltà consiste l’abitare poetico dell’uomo”. Evidentemente l’aver sentito io, adolescente, queste stesse cose  mi conferma che la poesia è davvero uno stare presso la fonte dell’Essere, della Vita, dunque poesia come unità, come tentativo di dare armonia al caos.

In seguito ha assunto quel carattere di urgenza, di intima e profonda necessità, di risposta alla domanda che le cose e il mondo e gli esseri che lo abitano incessantemente pongono. E anche il tentativo di porre rimedio all’imprudenza di Dio che diede ad Adamo il compito di dare un nome a tutte le cose, ma Adamo non era un poeta e il suo dare un nome alle cose fu un sottometterle, un dominarle con la forza. Fare poesia invece è un accovacciarsi davanti alle cose, come si fa quando si vuole parlare faccia a faccia con un bambino, ci si mette alla sua altezza. Mettersi all’altezza delle cose in un movimento che coinvolge tutto l’essere muscoli, ossa, tendini, sangue, anima, spirito e mente. Provare a ritrovare il vero nome di tutto ciò che esiste, il nome mai pronunciato, il nome nascosto e vero, specchio del nome che è dentro la nostra stessa umanità. In un rimando di senso e di significato.

La poesia è colei che riesce a dare il nome giusto ai volti altrimenti a-nonimi dell’altro e delle cose, che fissa lo sguardo sull’essenza e ci costringe a voltarci, a distogliere lo sguardo dalla mera quotidianità e a rivolgerlo verso quell’altrove dove ogni cosa ha la parola giusta, la parola vera. La poesia come sostanza capace di distillare dal nostro caos, dal superfluo che ci appesantisce, l’essenziale, il necessario racchiuso nel poco spazio che occupa una poesia in confronto ai vasti spazi che apre nell’anima di chi la legge e di chi la scrive.

In una poesia dico “sminuzzo la realtà per meglio amarla” e mi sembra che renda bene l’ idea del lavoro del poeta che, appunto, sminuzzando la realtà la rende più accessibile, fa sì che possa stare tra le mani della gente così che se ne possa sentire il suono, il sapore, l’odore e amarla, comprenderla, stupirsene. Ecco, lo stupore un’altra qualità dei poeti assieme alla curiosità. Mi piace pensare al poeta come a un bambino che tiene in mano un giocattolo e lo osserva con attenzione, lo gira e lo rigira tra le mani e poi lo rompe per vedere come è fatto dentro. Nello stesso modo la poesia rompe, sfascia la realtà dal di dentro sfasciando il linguaggio e le sue regole e trovando e inventando un uso nuovo e diverso delle parole. In tal modo la poesia diviene una lingua- ponte tra le due sponde in cui si dipana la vita umana.

Tempo fa traendo spunto da un’immagine della quotidianità femminile mi era venuto da pensare alla poesia come  a un qualcosa di simile all’atto dello stirare. Non vorrei essere blasfema ma in effetti gli indumenti che escono strapazzati dalla lavatrice, maltrattati dalla centrifuga mi fanno pensare alle cose del mondo, alla nostra umanità strapazzata e maltrattata. Così la poesia è un riportare le cose alla loro originaria forma, un trarle dal caos, un rifocillarle, prendersene cura. Perché poesia è innanzi tutto prendersi cura della parola.

La poesia è un atto d’amore, è un farsi puro ascolto e andare verso la verità e la bellezza perché se, come diceva Giorgio Caproni, “il poeta è un minatore”. esso scava nelle profondità dell’essere per trovare il luogo in cui verità e bellezza dimorano e le porta alla luce perché alimentino in noi la fede e la speranza.”

Lucianna Argentino

Roma 13 luglio 2009

(articolo già pubblicato da LietoColle)

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